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Lucia Bencina

Può esistere una Leadership per il Femminile?

Esiste uno spazio per la leadership nell'immaginario e vocabolario femminile? Possiamo rompere il filo delle narrazioni tradizionali, quelle che per troppo tempo hanno dipinto la leadership come qualcosa di distante da noi, di associato a modelli maschili e autoritari che non riflettono il nostro desiderio di collaborazione, coinvolgimento e costruzione condivisa? Può esistere una leadership anche per il femminile?


Una donna leader femminile elegante che sorride

"Non chiamarla Leadership"

L'ispirazione per questo articolo nasce da un’esperienza personale che mi ha colpito, spingendomi a riflettere su cosa significhi davvero leadership per noi donne.


Qualche tempo fa, durante il rebranding di UNANIQA, stavo partecipando a un corso di business. Quando è arrivato il mio turno di presentarmi, ho condiviso che il mio focus era stato rivolto alle donne e che il cuore del mio lavoro di Coach sarebbe stato la "Leadership".


Dopo un attimo di silenzio, mi è stato dato un consiglio: cambiare termine. Mi è stato detto che "Leadership" non è una parola che le donne riconoscono, e che appartiene all’universo maschile. In altre parole, non era considerata efficace per il mio target.


Quell'osservazione, invece di farmi vacillare, ha richiamato all'appello il mio archetipo Artemide, che ha rafforzato ancora di più il mio intento.

Il mio obiettivo è chiaro: voglio abbattere la distanza tra leadership e femminilità.

Voglio che le donne si vedano come leader, prima di tutto di sé stesse, e che si sentano autorizzate a riscrivere il significato stesso di leadership. Una leadership che non è più prerogativa di un mondo maschile, ma che appartiene anche a noi, pienamente e autenticamente.


Per quale ragione noi donne non riconosciamo come NOSTRO il termine Leadership?


Ecco dunque che da lì sono partita a riflettere su quali possano essere le ragioni di quel feedback, (che mi sa tanto di convinzione...ma quella è un'altra storia) e che fanno percepire la Leadership come qualcosa di distante dalla donna.


Le prime risposte che ho annotato nel mio quaderno sono state:


  1. Perché chi ha accesso ai ruoli, l'influenza e può determinare le sorti del mondo, là fuori, non siamo noi.

  2. Perché chi è coraggioso, sicuro di sé, che si espone, là fuori, non siamo noi

  3. Perché chi ha ambizioni di alto profilo, là fuori, non siamo noi

  4. Perché chi trova alleati, fa gruppo, e si sostiene, là fuori, non siamo noi


E la domanda successiva é stata.. Perché tutte queste cose, non siamo noi?


Ecco a seguire le mie risposte.



  • Dove sono i nostri modelli?

Il primo problema? Pochi, pochissimi, modelli di leadership femminile.

La sola soluzione percepita attuabile per donne che cercano la leadership è la libera professione o l'imprenditoria (sfida tutt'altro che semplice come spesso viene fatta passare).



E troppo spesso quelle che ci arrivano finiscono per adottare modelli maschili, quasi come se fosse un compromesso necessario per sedersi al tavolo del potere.

La scalata al successo di una donna, in queste dinamiche, diventa un percorso solitario, che non porta benefici a tutte le altre che, come lei, meritano il loro posto.

Questo, diciamolo, è anche un riflesso di quel vecchio mantra "divide et impera" che con noi donne funziona ancora meglio.


Ci hanno cresciute nell’idea che la competizione tra donne sia naturale, che dobbiamo diffidare l’una dell’altra. Il risultato? Facciamo il gioco di chi vuole mantenere il vantaggio e il potere, invece di collaborare e supportarci a vicenda.


  • La leadership espone.


Essere una leader significa esporsi, significa essere soggette a critiche, significa dire: "Ehi, io sono questa!".

E qui viene la domanda: quante di noi possono davvero dire di conoscere se stesse, di accettarsi senza giudicarsi, di esprimersi liberamente? Non è facile, e non lo sarà mai del tutto.


Il timore di essere disapprovate ci accompagna, perché, per secoli, siamo state condizionate a cercare l’approvazione altrui. Ma, con il tempo, si arriva a un punto in cui il peso delle maschere che portiamo diventa insopportabile.


E quando scegliamo di toglierle, di mostraci per quello che siamo, il timore del giudizio diventa più leggero di quella pesante armatura che abbiamo indossato per essere accettate.


  • La paura dell’errore.


La leadership significa anche sbagliare. Sì, hai capito bene, fallire.


Noi donne siamo state cresciute con l’idea di dover essere impeccabili, perfette, sempre all’altezza.


“Comportati bene, sii educata, non fare rumore, non sporcarti, stai composta, sii presentabile, non dire parolacce, valorizzati, curati, sii sempre gentile...”.


L’elenco di prescrizioni in questi termini è infinito; ciascuna ha le proprie, ma più o meno, so che la melodia è stata identica per tutte.

L’errore non è un fallimento personale e non ci definisce in termini identitari, eppure, troppo spesso, o anche sempre, quando sbagliamo le sbagliate siamo noi, non le nostre azioni. (La storia cambia)

Se i nostri "colleghi" uomini cadono, si rialzano, si tolgono la terra dalle ginocchia, scrollano le spalle e ripartono, noi, invece, sprofondiamo nell'imbarazzo, nell'umiliazione, rimuginiamo, ci tormentiamo, chiedendoci fino alla nausea cosa abbiamo sbagliato, promettendo a noi stesse che non ci faremo mai più trovare in quella situazione, e ci chiamiamo in ritirata. Così facendo, addio evoluzione, addio crescita, addio leadership.



  • Ambizione= Superbia.


Ambizione. Ecco una parola che ha perseguitato molte di noi -me inclusa-.

Perché per una donna essere ambiziosa viene spesso tradotto con “arrivista” ,“egoista”, "presuntuosa" o "superba".


Ci hanno insegnato che dobbiamo essere umili. Ma l'umiltà pare avere significati diversi a seconda del genere del lettore della definizione.


Se essere umile per il genere maschile significa mettersi in discussione, riconoscere i propri limiti, rifuggire da ogni forma di eccessivo orgoglio, di superbia, di emulazione o sopraffazione, per la donna, significa invece dire sì, adattarsi, non avanzare pretese, non riconoscere i propri punti di forza (modeste sempre, mi raccomando!), non mettere i propri limiti, rinunciare all'autoaffermazione.. insomma, ancora una volta, aspettare che siano gli altri a definire il suo valore, a decidere cosa sia giusto per lei e cosa no, cosa deve volere e cosa no, chi deve e può essere e cosa no. Essere ambiziose significa violare le aspettative della società.


Se abdichiamo al solo vero regno di cui ci è concessa la corona, quello della casa -che allo stesso tempo ci trasforma anche in cuoche, lavandaie, segretarie, taxiste, cameriere, maestre, professoresse -contemporaneamente di chimica, fisica, tedesco, filosofia-, infermiere, giardiniere, pet-sitters, ...- e dichiariamo di voler raggiungere una certa carica, di voler guadagnare una certa somma (possibilmente al di sopra del livello di povertà), o più in generale di avere un obiettivo o una visione al di sopra degli standard "canonici" o ammessi per il femminile (spesso di gregarie, a supportare la scalata ed il riconoscimento del "merito" attribuito agli ALTRI, consolate solo dal detto.. “Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”) ci accusano di essere fredde, insensibili, e persino meno donne e più uomini, con tanto di attributi.

Chi vi credete di essere? Spoiler: una persona, con il proprio diritto di scegliere per se stessa.



Donna che si tiene il bavero della giacca nera

Superare il distacco dalla leadership.


Molte donne, quindi, penso si tengano a distanza dalla leadership per lo più inconsapevolmente perché sentono che il modello predominante non le rappresenta né nella propria interiorità, né esternamente.


Le ragioni mi sembrano evidenti. Per secoli, la leadership non solo non era "affar nostro" ma era associata al comando, al potere oppressivo, a un modello militare di cieca obbedienza.


Ma é stato, ed è tutt'ora evidente, che qualsiasi forma di leadership "dittatoriale" porti solo sofferenza e sia un deterrente alla crescita. Essere leader non significa essere dittatori, é esattamente il contrario.


Essere leader significa sì decidere, ma anche ispirare, ascoltare, coinvolgere, collaborare, costruire insieme. Una formula che smette di guardare all'interesse del singolo o di una ristretta cerchia di eletti, per distribuire in maniera circolare sia le responsabilità (leadership personale) ed altrettanto i meriti ed i frutti che ne derivano.

Le grandi dimissioni e le difficoltà delle nuove generazioni rispettivamente a rimanere e ad inserirsi in un mondo professionale basato sui vecchi modelli di leadership, parlano chiaro, e chiamano ad una nuova leadership.



Una nuova leadership femminile.

Quando parlo di leadership femminile, non parlo solo di genere, ma di energia.

Un’energia che mira alla collaborazione, al supporto reciproco, all’etica, alla crescita collettiva. È una leadership che non si fonda sul controllo a priori o sulla superiorità individuale, ma sulla costruzione e sull’inclusione.

Molte di noi, proprio in ragione dei modelli culturali prevalenti, siamo state allenate sin dall'infanzia all'introspezione, alla messa in discussione, al dialogo, e facendo appello a queste potenzialità possiamo incarnare questo modello di Leadership con una semplicità che può invece sfuggire ai leader tradizionali che abbiamo conosciuto nella maggioranza delle situazioni.


Essere leader non significa solo prendere decisioni, ma assumersi la responsabilità di quelle decisioni e delle conseguenze che hanno sugli altri. Una responsabilità che nasce dalla consapevolezza di sé e del proprio impatto sul mondo.



Riscoprire la leadership dentro di sé.


Continuerò con il mio progetto di Leadership, anche se mi rivolgo alle donne?


Se una delle prerogative per creare e orientare la mia attività, i miei servizi e la mia missione é offrire ciò che avrei voluto trovare a mia volta tempo fa e che non ho trovato, dovendo fare un lavoro lungo, anzi, immenso su di me, prendendo pezzi da una parte e dall'altra e mettendoli insieme con estrema fatica, sì, continuerò.


Se a questo aggiungiamo che sono donna io stessa, che percepisco ancora la difficoltà di esserlo in certi contesti, che ho finalmente scoperto la gioia e la meraviglia della sorellanza -dopo anni di gioventù fatti di giudizi e competizione con altre, pensando che solo così sarei potuta emergere-, nondimeno, che sono madre di una giovanissima donna, la mia missione si arricchisce di un significato ancora più personale, viscerale, quindi sì, continuerò. 


Se aggiungiamo infine che credo nell'immenso potenziale femminile ancora nascosto, represso da secoli di svilimenti e svalutazioni, e della certezza non solo che ogni donna abbia in sé una leadership interiore potente, che può emergere nel momento in cui lascia andare tutto ciò che non le appartiene autenticamente, ma che sia anche esternamente colei la cui leadership potrà cambiare le sorti del resto del mondo.. SI! continuerò, E SONO CERTA CHE LA LEADERSHIP SIA LA SOLUZIONE.


Il realtà, potrei riassumere tutto l'articolo con questa risposta: "il solo fatto che mi sia stato dato quel consiglio, significa che la convinzione che la Leadership non sia "roba da donne" esiste, esiste ancora, e per questo, di Leadership femminile c'è bisogno di parlarne, e di farla crescere in ciascuna di noi!

E ora, lascio a voi l'esplorazione sulla Leadership e sul su significato per voi..


  • Quanto sentite la parola leadership vicina a voi?

  • Quanto associate la leadership alla vostra persona?

  • Quanto sentite corrispondere la vostra percezione di leadership alle motivazioni che ho trovato? Volete suggerirne di ulteriori?


Se volete confrontarvi con me potete utilizzare i commenti all'articolo, scrivermi un'email oppure contattarmi tramite i miei profili Instagram @luciabencina oppure @unaniqa.


Vi leggo, come sempre, con Gioia.


Lucia


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